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Fashion

Modelle famose degli anni Sessanta: le prime icone pop

Verushka
Scritto da Serena Serra

Non le chiamavano ancora supermodelle, ma già negli anni Sessanta le modelle più famose popolavano l’immaginario del grande pubblico. Dall’aristocratica Verushka all’italiana Benedetta Barzini, ecco chi sono le modelle più famose degli anni Sessanta!

Anche se il termine supermodella inizierà a essere utilizzato solo nel decennio successivo, le top model degli anni Sessanta vivono ancora nell’immaginario pop e si sono affermate tra le più famose modelle di sempre. Twiggy Lawson è diventata l’icona di un mondo in cui i giovani cominciavano a far sentire la propria voce e i designer inventavano nuovi paradigmi di stile, ma non era solo lei a popolare le copertine dei magazine e a infiammare l’immaginazione di chi sfogliava quelle riviste.

Verushka, Jean Shrimpton e le italiane Isa Stoppi, Mirella Petteni e Benedetta Barzini possono essere considerate alcune delle più famose modelle degli anni Sessanta.

Verushka, la contessa top model

La contessa Vera Gottliebe Anna von Lehndorff-Steinort nasce a Königsberg, in Prussia, nel 1939. Quando è ancora una bambina il padre, accusato di aver preso parte a un complotto per uccidere Hitler, viene impiccato, mentre la madre è rinchiusa in un campo di lavoro.

Nel 1959, mentre si trova a Firenze, un giovane Ugo Mulas la ferma per strada chiedendole di poterle scattare delle foto. I primi passi di Vera nel mondo della moda non sono fortunati: da Parigi a New York la considerano troppo alta, troppo magra, con i piedi troppo grandi (si sottoporrà anche a un’operazione per ridurne la lunghezza).

Tornata a Berlino, tenta la strada del nome d’arte per far credere di essere russa: nasce Verushka. La “diva dallo sguardo freddo e dall’irragiungibile volto”, come la definì l’allora potentissima capo redattrice di Vogue Diana Vreeland, diventa una delle modelle più pagate degli anni Sessanta.

Grazie alle foto scattate dal compagno Franco Rubartelli e da Richard Avedon, quel suo corpo troppo lungo e troppo filiforme le permette di dare movimento alle fotografie di moda, fino a quel momento statiche, o di trasformarsi, attraverso il body painting, in un animale della savana africana.

Nel 1966 appare in Blow Up, uno dei film più premiati di Michelangelo Antonioni, e dopo essersi ritirata dalle passerelle nel 1975, non rinuncia all’arte, alla fotografia e alla pittura. Dotata ancora oggi di un viso dalla bellezza singolare, Verushka è la protagonista del lookbook della collezione Resort 2018 di Acne Studios.

Isa Stoppi, “due laghi al posto degli occhi”

“Vidi la donna più bella del mondo con due laghi al posto degli occhi”: così Richard Avedon descrive il suo primo incontro con Isa Stoppi. Nata in Libia ma trasferitasi presto nel piacentino, Isa nel 1962 aveva già sfilato per Biki e per Veneziani ed era stata scelta per rappresentare l’Italia al concorso di Miss Universo.

Perché diventi un’icona, però, bisogna aspettare il 1964, quando incontra Gian Paolo Barbieri. Il fotografo e Isa dovevano realizzare insieme un servizio di costumi da bagno per la Standa, ma qualcosa non andava. Barbieri consigliò alla sua modella di perdere quel po’ di baby fat che le mascherava gli zigomi e, insieme al visagista di Elizabeth Arden Pablo, la convinse a eliminare la frangetta e a ravvivare il biondo dei capelli.

È durante questa sessione fotografica che viene scattato il celebre ritratto con il serpente: Barbieri si fece prestare un boa constrictor dallo zoo di Milano, il make-up artist incorniciò la tempia della modella con piccolissimi fiori e gli occhi color acquamarina di Isa Stoppi presero vita.

Da questo momento la carriera nella moda della top piacentina è tutta in discesa: viene scritturata dall’agenzia più importante del periodo, la Eileen Ford di New York; appare all’interno del primo numero di Vogue Italia (che fino ad allora si chiamava Novità); è immortalata nelle fotografie firmate da Milton Greene, Irving Penn, Len Steckler e Bert Stern.

Isa Stoppi si ritira dalle passerelle all’apice della carriera, nel 1972, quando sposa un importante industriale farmaceutico. Non abbandona però il mondo della moda: è stata redattrice di moda e attualità per Vogue e poi collaboratrice di Gianni Versace.

Jean Shrimpton, “The Shrimp”

Occhi enormi, viso dai lineamenti perfetti e gambe lunghe e sottili: Jean Shrimpton è una delle modelle simbolo degli anni della Swinging London. Nel 1962, dopo essersi diplomata alla scuola per mannequin di Lucie Clayton, parte per New York insieme al fidanzato David Bailey, il fotografo che ispirerà il protagonista del film Blow Up di Antonioni.

Jean-Shrimpton

Tra i palazzi e le insegne di Manhattan i due lavorano a un servizio per Vogue UK che cambierà i paradigmi delle fotografie di moda: gli scatti immortalano il nasino all’insù e i meravigliosi capelli di Jean in uno stile che ricorda da vicino i reportage, alleggeriti dalla presenza nelle immagini di un orsetto di peluche, quasi una mascotte, che un fan aveva regalato alla top model.

L’anno dopo The Shrimp (il gamberetto, così era soprannominata Shripton) è proclamata da Glamour modella dell’anno e diventa il volto della casa cosmetica Yardley. Il culmine della sua notorietà lo raggiunge però nel 1965, quando si trova in Australia come madrina del concorso ippico Melbourne Cup.

Jean si presenta alla premiazione con un vestitino bianco che finisce “ben” dieci centimetri sopra il ginocchio: uno scandalo per la buona società australiana dell’epoca! Nel 1967 la sua unica apparizione sul grande schermo nel film Privilege di Peter Watkins.

Jean Shrimpton smette di lavorare nella moda nel 1976 e si ritira a vivere a Penzance, in Cornovaglia, dove apre un albergo insieme al marito, il fotografo Michael Cox. L’Abbey Hotel è oggi gestito dal figlio di Jean, Thaddeus, e dalla sua famiglia.

Mirella Petteni, da Bergamo a New York

Bergamasca, concreta, disciplinata e iperprofessionale, Mirella Petteni ha attraversato gli anni Sessanta apparendo come cover girl sui magazine di tutto il mondo. Gli zigomi alti e il fisico asciutto sono solo uno degli aspetti che la aiutano a emergere. Lei stessa, che non ha mai amato sfilare, racconta che allora (come oggi) nel mondo della moda non potevi durare senza impegnarti al massimo.

Arrivava sul set con un borsone pieno di abiti e accessori, secondo quanto racconta Gian Paolo Barbieri, il fotografo che per primo ne colse le potenzialità espressive. Dopo le foto di Barbieri, Mirella vola a New York, dove sotto l’egida di Diana Vreeland posa per Helmut Newton e Irving Penn, che la amava particolarmente, riuscendo a diventare una delle modelle più famose degli anni Sessanta.

Dopo il suo ritiro, Mirella Petteni continua a lavorare nel fashion, prima come redattrice di Vogue, poi negli anni Ottanata come rappresentante negli Stati Uniti di Valentino e Versace. Oggi, vedova del produttore Robert Nissim Haggiag, colei che con il suo aspetto androgino anticipò il modello di donna dei decenni a venire, si occupa di filantropia aiutando gli artisti emergenti a farsi notare.

Benedetta Barzini, cover girl del primo Vogue Italia

Nel 1963 Benedetta Barzini aveva vent’anni. Passeggiava per strada quando viene notata da Consuelo Crespi che la convince e farsi fotografare. Quelle fotografie finiscono sul tavolo di Diana Vreeland che la invita a New York per posare per Irving Penn.

Da quel momento, il viso raffinato e la figura sottile di Benedetta diventano simbolo della moda italiana e internazionale negli anni Sessanta. Lavora con i fotografi più importanti dei Sixties: il già citato Irving Penn, Helmut Newton, Ugo Mulas, Richard Avedon, Bert Stern. È lei la cover girl del primo numero dell’edizione italiana di Vogue nel novembre del 1965.

Ma, contrariamente ad altre modelle degli anni Sessanta, Benedetta Barzini non si limita a frequentare i party e il jet set; preferisce invece personaggi come Andy Warhol e la sua Factory e artisti del calibro di Salvador Dalì. Il lavoro di modella forse inizia a non bastarle più, quindi si iscrive ai corsi degli Actors Studio.

Sul finire degli anni Sessanta, tra il 1968 e il 1969, lascia New York e torna in Italia dove si dedica alla recitazione. Negli anni Settanta è attiva nei movimenti femministi e, ancora oggi, di tanto in tanto torna a sfilare, soprattutto per Antonio Marras.

Ma Benedetta Barzini è più che una delle top model più famose degli anni Sessanta: è stata ed è ancora docente presso università importanti come la Naba, il Politecnico di Milano e l’Università di Urbino e visiting professor in atenei d’Europa.

Photo credits Soevermedia.com

Sull'Autore

Serena Serra

Laureata in editoria e giornalismo ed esperta di comunicazione e brand management, si dedica alla creazione di contenuti per portali e siti web. Per Junglam.com è redattrice moda, beauty e lifestyle.