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Lifestyle

Social killed the TV star?

Scritto da Benedetto Motisi

I social network hanno ucciso la regina televisione o ancora il suo regno è lungi dal vedere tramontare il sole?

Uno dei pezzi più famosi della new wave britannica, ancora oggi riconoscibilissimo, è Video Killed the Radio Star del gruppo-meteora The Buggles. A distanza di 40 anni, possiamo dire come da titolo che i social network hanno ucciso le star della TV, in una catena alimentare dei contenuti sempre più bulimica? La realtà appare un attimo più complessa e stratificata, seppure composta da meme, l’unità più piccola di un’idea che viene propagata online per imitazione.

Una delle caratteristiche dei creatori di meme (o memers) più quotati è difatti la capacità di mescolare più livelli (o layers) in un meme, che in quanto tale può diventare meta-meme avendo riferimenti culturali pop mescolati (o mashup-pati) con particolare perizia, rendendo così un meme croccante ovvero di qualità. Se in questa sede facessi i nomi dei memers più famosi (Oznerol, PhazyoSapore di MalePolitically Retro) probabilmente gli over35 non saprebbero di cosa stia parlando, così come per gli under35 difficilmente avrei riscontro se citassi mostri sacri della televisione come Corrado, Enzo Tortora o altri che non siano contemporanei.

In realtà, i social non hanno ucciso la televisione ma l’hanno resa ancora più democratica se non nella fruizione – già omni-raggiungibile – quanto nell’accesso come canale di distribuzione dei propri contenuti.

I social network hanno ucciso la regina televisione o ancora il suo regno è lungi dal vedere tramontare il sole?

 
 
 
 
 
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Social upgraded the TV star

Ecco quindi che gli YouTuber per primi, data la medesima tipologia di comunicazione (il video) sono approdati ormai da più di un lustro nei programmi in prima serata (vedi Frank Matano) e stelle della televisione un po’ agée come Giancarlo Magalli, vengono nominati durante la votazione a Presidente della Repubblica grazie a uno scherzo nato online, o personaggi un po’ messi da parte come Pippo Franco cercano una seconda vita online. Per non citare nuovamente Sapore di Male che fa dei riferimenti televisivi, più anche degli altri memers, uno dei suoi livelli di lettura.

Insomma, per quanto riguarda almeno lo scenario italiano preso a riferimento, la TV non può che giovare dall’apporto dei social network – si pensi anche a un Twitter che ormai è poco più che una narrazione collettiva in tempo reale del prime time televisivo di massa.

Inoltre non bisogna dimenticare che molti degli utenti che generano contenuti per l’online aspirano al passaggio televisivo in quanto è visto ancora come la legittimazione al proprio status di creator, un ascensore social-e dal basso proletariato inventivo a una oligarchia legittimata a imporre i propri contenuti, grazie alla breccia creata dai social stessi.

Ecco perché, quando illustri colleghi si fanno beffe della pubblicità televisiva di Chiara Ferragni o di altre influencer, bollandole come vecchie, in realtà altro non si tratta che di un attestato di maggiore veridicità e di crescita delle stesse. Del resto, a cavalcare l’onda dei follower – finti o veri che siano – non ci vuole poi molto.

Il problema è trovare conferma in quella che è ancora considerata, implicitamente, la serie A.

Cover photo: Splashnews.com

Sull'Autore

Benedetto Motisi

Editor-in-chief di Junglam.
Attivo in Italia e Ucraina.
Ha tenuto e tiene docenze sui nuovi media.
Ha pubblicato “Interceptor Marketing” con Flaccovio Editore e "Prontuario di comunicazione digitale" per Maggioli.