Era il 2017 quando il primo World Happiness Summit portava a conoscenza del pubblico la scienza della felicità. La manifestazione nata da un’idea di Karen Guggenheim – anche Founder & CEO dell'”ecosistema globale del benessere” WOHASU – è diventata un appuntamento fisso nel (fitto) calendario di eventi della città di Miami e di anno in anno ha affrontato una moltitudine di argomenti legati a “happiness” e “wellbeing“.
L’edizione 2022 si è svolta dal 18 al 20 marzo e ha avuto come focus la resilienza. La capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo difficile e di ricostruire se stessi e riorganizzare la propria esistenza mantenendo un’attitudine positiva è un tema quanto mai attuale in tempi complicati come quelli di oggi ed è stato esplorato nelle sue tante sfaccettature e connessioni da 46 (!) straordinari speaker provenienti da ogni parte del mondo.
Tra le personalità che sono intervenute al WOHASU 2022 ci sono il fondatore della psicologia positiva Martin E. P. Seligman, l’autore e docente della Harvard University Tal Ben-Shahar, l’ex Chief Commercial Officer of Google [X] e fondatore di One Billion Happy Mo Gawdat, il docente universitario e consulente Sandro Formica e l’autore di best seller sulla “experience economy” James Wallman.
Il “sense of agency” come chiave della felicità
Noi di Junglam abbiamo partecipato al World Happiness Summit 2022 e abbiamo avuto il piacere di prendere parte agli incontri che hanno tenuto i vari speaker e di parlare con alcuni di loro di resilienza, felicità e benessere.
Nelle nostre conversazioni (e in tutto il WOHASU) ha avuto un ruolo centrale il “sense of agency“. La definizione è intraducibile in italiano, ma il significato ha a che fare con il “senso di auto-iniziativa” e il “senso di libertà di azione”. Due concetti che Sandro Formica ha sintetizzato in maniera formidabile descrivendo il sense of agency come “l’essere in azione“:
Sense of agency vuol dire possedere non solo la consapevolezza di quello che sta succedendo dentro e fuori di sé, ma anche la forza e la determinazione per agire come si ritiene giusto, sulla base dei propri valori, dei propri talenti e del proprio proposito.
Il sense of agency è una conoscenza attiva e in divenire di sé, che porta a essere in equilibrio con il mondo. In tal senso è una componente fondante della resilienza e in definitiva del benessere e della felicità.
Martin Seligman e il potere dell’ottimismo
Ma cos’è davvero la felicità? Mentre Sandro Formica la definisce un insieme di emozione, intenzione e significato, Martin Seligman preferisce parlare di ottimismo. Il Direttore del Penn Positive Psychology Center e del Penn Master of Applied Positive Psychology Program (MAPP) offre una visione diversa del “wellbeing” al quale ogni essere umano aspira:
La felicità è un’emozione. L’ottimismo è una condizione che ha a che fare con il futuro. È quella condizione per cui le cose andranno bene.
Gli studi condotti da Martin Seligman hanno mostrato che le persone ottimiste hanno una grande capacità di ripresa (ovvero sono altamente resilienti) e difficilmente soffrono di ansia e depressione. Inoltre “ci provano” con maggiore convinzione ed energia e si arrendono di meno, conseguendo risultati migliori nella scuola, nel lavoro e negli sport. Dalle ricerche del fondatore della psicologia positiva è emerso anche che le persone che praticano l’ottimismo vivono più a lungo e sono più felici.
Ma in che modo è possibile tutto questo? La chiave è il sense of agency, la capacità di “essere in azione” nel qui e ora. I pessimisti ritengono che gli eventi dolorosi e i momenti difficili siano totalizzanti, debbano durare per sempre e sfuggano a ogni controllo. Gli ottimisti, invece, sanno che sono casuali, incidentali e temporanei e che hanno potere d’azione su di essi.
Il diverso approccio genera un volano di inazione e negatività nel primo caso, mentre nel secondo aumenta la produttività, migliora le relazioni e porta a vivere una vita all’insegna del wellbeing e dell’happiness. Per dirla in maniera molto sintetica, le persone ottimiste sono persone migliori. E non secondariamente, i leader ottimisti sono leader migliori.
Martin Seligman ha affrontato tutti questi argomenti in svariati libri. Tra quelli tradotti in italiano che possono essere utili per approfondire i diversi temi ci sono Imparare l’ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero, Per una felicità autentica. Realizza il tuo potenziale con la psicologia positiva e Fai fiorire la tua vita. Una nuova, rivoluzionaria visione della felicità e del benessere.
Quattro riflessioni su resilienza e felicità
La pandemia, la guerra e più in generale la realtà di oggi, che richiede e più spesso impone di essere iper performanti, rappresentano una grande sfida dal punto di vista emotivo e non solo.
Com’è possibile affrontare questi tempi difficili restando in equilibrio con sé stessi e con il mondo? In che modo si possono gestire al meglio i macro e i micro cambiamenti e le conseguenze spesso complesse che generano? Noi di Junglam ne abbiamo parlato con Sandro Formica, Mo Gawdat, Tal Ben Shahar e James Wallman.
Sandro Formica
Sandro Formica è professore presso la Florida International University di Miami, titolare di cattedra in Potere Personale e la Scienza della Felicità e insegna periodicamente alla SDA e al Master della Luigi Bocconi. Inoltre è stato ed è promotore e consulente di progetti nei settori dell’autoconsapevolezza, del management strategico, dei trend e della pianificazione e sviluppo delle organizzazioni, ha scritto molteplici articoli e paper ed è autore di testi universitari. Ma soprattutto “vive ogni giorno in allineamento con il proprio proposito di vita: integrare la scienza della felicità nelle aziende, università, scuole e istituzioni pubbliche“.
Al professor Formica, con il quale abbiamo già avuto occasione di parlare di scienza del sé e happiness al Wohasu 2019, abbiamo chiesto come si può affrontare un evento complesso e destabilizzante come la perdita del lavoro. E lui ci ha dato alcuni consigli pratici per aumentare la resilienza e vivere meglio, più felici e più a lungo:
Il primo suggerimento è di coltivare l’autoconsapevolezza e la sicurezza di sé. Di innamorarsi di sé e di dedicare almeno cinque minuti a tutte le componenti del proprio essere per riflettere questa bellezza interiore, questa forza interiore, all’esterno. Poi vorrei invitare a scegliere il proprio percorso professionale e non accettare tutto. So che può sembrare assurdo, a maggior ragione se si è perso il lavoro. Invece è il momento giusto per fare selezione tra le diverse organizzazioni o crearsi un’attività, in modo che ci sia un allineamento tra i propri valori e propositi e i valori e i propositi di quelle organizzazioni.
Sandro Formica invita ad avere coraggio nel manifestare ed esprimere sé stessi e le proprie esigenze. Parlare chiaramente a un colloquio e a un potenziale responsabile è la chiave per “non entrare in modalità sopravvivenza, ma restare in uno stato di creatività che fa essere molto più produttivi”.
Non solo. In un settore in sofferenza come quello del lavoro è anche molto apprezzato dalle aziende stesse. Perché se c’è allineamento tra i valori della persona e dell’organizzazione, la crescita e il benessere sono di entrambi:
Una volta che si capiscono queste cose e si mettono in pratica, magari ci si metterà un mese in più [a trovare un nuovo lavoro, n.d.r.], ma poi si avrà tanta soddisfazione e ci si sentirà molto più felici.
Mo Gawdat
Mo Gawdat è stato Chief Business Officer di Google [X], ha fondato il movimento One Billion Happy, è host di Slo Mo: A Podcast with Mo Gawdat ed è autore del best seller L’equazione della felicità. La sua vita è cambiata improvvisamente con la morte del figlio Ali. Ma quell’evento così tragico e inconcepibile per qualsiasi genitore ha segnato un punto di svolta e oggi Mo Gawdat è un alfiere del movimento della felicità e della scienza che la studia e insegna a praticarla.
Dopo averci offerto numerosi spunti di riflessione in occasione del Wohasu 2019, l’ex Chief Business Officer di Google [X] è tornato a parlare con noi di resilienza, happiness e wellbeing. E la prima cosa alla quale ci ha invitato a prestare attenzione è che non esiste davvero qualcosa di triste o “unhappy”:
Piangere è una cosa buona, se è l’emozione che si prova. Connettersi con le proprie emozioni è un’esperienza meravigliosa.
Per spiegare questo concetto, Mo ha fatto un esempio molto suggestivo e calzante con la cucina cinese. L’agrodolce è un elemento caratteristico del cibo orientale ed è “delizioso”. Ma non è delizioso perché è solo dolce o solo agro. È delizioso perché è sia dolce che agro. Allo stesso modo, le lacrime da sole sono sofferenza. Ma in una visione più ampia fanno parte dell’esistenza. In tal senso, la vita è bella perché è un “insieme di sapori”.
Mo osserva che il mondo moderno spinge le persone a vivere in compartimenti stagni e a privarsi del “gusto della vita”:
Ci svegliamo alla mattina, ci vestiamo per andare a lavoro e quello che si vuole da noi è che mettiamo da parte l’emotività. Ci si aspetta che siamo completamente concentrati a fare determinate cose, a ripeterle ancora e ancora. Così, fondamentalmente, perdiamo il significato del gusto dell’esistenza. È una disconnessione dalla realtà.
Ma interrompere il loop e ritornare a vivere è possibile. La chiave è la capacità di “lasciare andare”, la consapevolezza che solo una minima parte delle cose che accadono possono essere “controllate”. Il fondatore di One Billion Happy parla di un “modo maschile” e un “modo femminile” di affrontare la realtà.
Di fronte alla necessità di attraversare un fiume impetuoso, il modo maschile cerca un punto adatto e costruisce un ponte. Il modo femminile invece crede che “l’universo abbia una sorta di conoscenza di ciò che c’è da fare”. Non vuole affogare, ma pensa che la strada più corta non sia necessariamente quella migliore per arrivare sull’altra riva. Alla fine, entrambi attraversano il fiume. Ma il modo maschile lo fa con grande fatica. Mentre il modo femminile lo fa con più calma e tranquillità.
Mo osserva che l’approccio maschile è quello della “modalità in controllo”, invece l’approccio femminile è la “modalità dell’intuizione e del seguire la corrente (flow)”. E il loro coesistere in equilibrio è ciò che permette di essere nel qui e ora e di vivere davvero:
Nessuno dei due modi è la risposta giusta [agli eventi dell’esistenza, n.d.r.]. La risposta giusta è sempre una mescolanza dell’approccio maschile e femminile. […] La realtà è che non si può controllare il 90% di quello che accade. Vivere è la capacità di danzare con la vita, di ascoltare il mistero. […] Non è vita quando si cerca di spremere ogni goccia di efficienza dall’esistenza. La vita non è efficienza, è vivere.
Alla luce di queste riflessioni, anche a Mo Gawdat abbiamo chiesto alcuni consigli su come affrontare un cambiamento difficile e doloroso come la perdita del lavoro. E come sempre, l’ex Chief Business Officer di Google [X] ci ha offerto un punto di vista molto potente:
Dirò qualcosa che potrebbe sembrare spiacevole. Non conosco nessuno che non abbia perso il lavoro a un certo punto della sua vita. A me sembra parte dell’esistenza. Avere alti e bassi. Se la vita fosse un videogioco e non prevedesse delle sfide, sarebbe estremamente noioso.
Mo ha approfondito il suo pensiero parlandoci del “test della cancellazione”. Il fondatore di One Billion Happy ha chiesto a più di 20mila persone se avrebbero cancellato l’evento più doloroso e brutto della loro vita, se avessero avuto la possibilità di farlo. L’unica condizione per l’oblio e il “sollievo” era la concomitante concellazione di tutto ciò che quell’evento aveva generato: amici, competenze, forza interiore e via dicendo. Ebbene, il 99% delle persone interpellate ha risposto di no:
I momenti difficili esistono e fanno provare dolore. Ma dopo averli vissuti, non abbiamo rimpianti. E se questo è vero per il 99% delle persone e per le esperienze più difficili della vita, allora perché quando viviamo queste esperienze pensiamo che siano orribili? Perché quando viviamo queste esperienze non ci ricordiamo che passeranno? Questo “tool” è una delle cose che potrebbe rendere migliore la nostra vita in futuro. Non chiamerei questo atteggiamento semplicemente accettazione delle sfide che la vita mette di fronte. L’accettazione è una cosa bella e positiva, ma è piuttosto un “mescolarsi” o “fondersi” con la vita per quello che è. La capacità di dire “questa è la vita”. La vita non è solo dolce, è agrodolce.
Mo ha parlato di questo anche nel suo nuovo libro. Scary Smart (che è già uscito negli USA e arriverà a breve in Italia con il titolo di Super intellienza) centra il focus sul cervello e sulla sua natura di “macchina per la sopravvivenza”.
Il nostro cervello è molto più preoccupato delle cose che vanno male che di quelle che vanno bene. Per questa ragione, quando ci dà informazioni su quello che accade nella nostra vita, ci dice per lo più cosa va male. Il 60-70% dei pensieri del cervello di una persona adulta sono pensieri negativi.
Ma l’ex Chief Business Officer di Google [X] osserva che il cervello è anche “molto obbediente”:
Se lo programmiamo con un “tool” per fare qualcosa, lo farà. Di conseguenza, dobbiamo insegnare al nostro cervello a produrre dati positivi. Dobbiamo insegnargli a riflettere per davvero la realtà della vita, invece di dirci cosa va male. Dobbiamo insegnargli a prendere atto che va tutto bene, dal momento che per definizione il 99% dell’esistenza di ciascuno va bene.
Per Mo, questa “educazione” del cervello è la chiave per vedere e vivere ogni momento, ogni giorno, per quello che è realmente. E in definitiva, per essere felici.
Tal Ben-Shahar
Tal Ben-Shahar è un “imprenditore seriale”, oltre che il docente di due tra i corsi più grandi e popolari della Harvard University: Positive Psychology e The Psychology of Leadership. Nel suo curriculum c’è anche una lunga esperienza come speaker ispirazionale e motivazionale e diversi libri best seller. Tra i titoli che si possono trovare in italiano ci sono: Più felice. Come imparare a essere felici nella vita di ogni giorno e La felicità in tasca. L’arte di vivere bene senza essere perfetti.
Con il professor Ben Shahar abbiamo parlato di numerosi argomenti legati alla resilienza, alla felicità e al benessere e in modo particolare ci ha colpito una sua riflessione sulla speranza. Per lui, la speranza “è ciò di cui abbiamo bisogno”. Ma non una speranza disconnessa della realtà. Bensì profondamente radicata in essa.
Facendo riferimento agli studi dello psicologo americano Richard Snyder, Tal Ben-Shahar ha spiegato che la speranza è composta da due elementi:
Il primo è la forza di volontà. La forza di volontà è l’idea consapevole che posso farlo, la convinzione che posso avere successo, che superare le difficoltà non è impossibile. Il secondo è il “potere di come fare” (way power). Il way power è dire: “Si, posso farlo e questo è il modo in cui lo farò”. E se questo modo non funziona, allora proverò quest’altro. E se quest’altro non funziona, allora proverò quell’altro.
Per il docente di Harvard, la speranza concreta, ovvero la convinzione di potercela fare e di avere più piani per raggiungere l’obiettivo, è la chiave per affrontare con successo la vita in tutti i suoi aspetti e – in ultima istanza – per raggiungere la felicità.
James Wallman
Autore dei best seller (in inglese) Stuffocation e Time And How To Spend It, imprenditore e consigliere del governo britannico. Speaker ispirazionale e motivazionale e oratore per TEDx, la London School of Economics, la Collision Conference di Las Vegas, Google e Downing Street. James Wallman ha portato al Wohasu 2022 la sua grande conoscenza e (in)formazione nel settore della “experience economy”. Noi gli abbiamo chiesto in che modo il sense of agency serve a gestire l’apparente “caos” dell’esistenza:
[Il concetto dell'”essere in azione”, n.d.r.] ha a che fare con la self determination theory. Credo che avere il controllo della propria vita possa essere considerato un mezzo per semplificare le cose. […] Il momento presente è sempre il più duro e difficile, perché è quello su cui si può intervenire. Il passato è accaduto e lo vediamo chiaramente perché è stabilito. Il futuro, chi lo sa. Ma il concetto del sense of agency nella sua essenza è che ci sono cose che si possono controllare e altre che si devono accettare così come sono, per quello che sono. E chi lo vede come un problema, penso che sia perché vuole avere delle scelte, ma poi all’atto pratico non le esercita.
James Wallman ci ha anche dato alcuni preziosi suggerimenti su come affrontare un momento difficile come la perdita del lavoro. Per l’autore di Stuffocation e Time And How To Spend It, la prima cosa da fare è contestualizzare la realtà di oggi e riflettere sul fatto che definire sé stessi in base alla propria attività professionale è limitante, perché le opportunità e i ruoli che ognuno ha nella vita sono molteplici. In seconda battuta ritiene che sia necessario lavorare su di sé:
È una cosa davvero potente e presenta molte sfide, perché ha a che fare con la self determination teory, l’autostima, l’autonomia, la relatività.
In ultimo (ma non ultimo), sottolinea il grande valore della formazione:
Studiare e apprendere nuove conoscenze e competenze è importante. Magari si troverà lavoro subito, magari no. Ma si possederanno più skill e con più skill si avranno maggiori probabilità di ottenere il lavoro che si vuole, quando si presenterà.
Photo cover credits: Patrizia Saolini