L’amore è una cosa meravigliosa, recita il titolo del celebre romanzo di Han Suyin (da cui sono stati tratti l’omonimo film e una famosa canzone). Ma non per tutti. Alcuni non pensano affatto che sia una delle componenti della vita che meritano di essere vissute e addirittura lo sfuggono. Di queste persone si dice comunemente che hanno paura di amare o di innamorarsi. In gergo tecnico, che sono affette da filofobia.
Tale disturbo è una vera e propria fobia ed è un tema estremamente attuale, anche a causa anche delle “distanze affettive” generate dall’uso eccessivo dei social media. Per questa ragione, noi di Junglam ci siamo rivolti a un esperto per capire cos’è e come affrontarlo.
Chiarendo di volere lasciare a medici, psichiatri e psicologi il compito di fornire un adeguato supporto terapeutico a coloro la cui vita rischia di essere seriamente compromessa da questo genere di problema, Federico Petrozzi, Psicologo e Psicoterapeuta, Senior Executive Coach, si è concentrato sulla paura che diverse persone – uomini e donne – hanno di innamorarsi o anche solo di avere una relazione sentimentale o di connettersi affettivamente con qualcuno.
Perché la filofobia può apparire estremamente difficile da gestire e a volte può essere percepita come una gabbia da cui è impossibile fuggire. Ma con il giusto aiuto, anche se può sembrare complesso, è possibile riuscire a superarla e riprendere gradualmente una vita dotata di maggior equilibrio verso di sé e verso gli altri.
Cos’è e come si manifesta la paura di amare
Al giorno d’oggi, si parla molto della paura di amare o di innamorarsi. Ma cos’è e come si manifesta? Federico Petrozzi chiarisce che è un malessere che può avere anche pesanti ripercussioni sulla quotidianità:
La paura di amare è un timore irragionevole di innamorarsi di qualcuno e talvolta assume dimensioni tali da interferire con la qualità della vita di tutti i giorni.
Questo disturbo si manifesta in diversi modi, che spaziano dal semplice (si fa per dire) istinto ad evitare l’altro, a veri e propri sintomi fisici ed emozionali, con una gamma che va dall’isolamento sociale alla sudorazione algida, dal batticuore alla difficoltà di respirazione, dall’insonnia alla nausea.
Come spiega Petrozzi, la paura di amare o di innamorarsi è più frequente in quelle persone che nel passato hanno vissuto un trauma (per esempio, un abbandono). Una evidenza avvalorata da alcune scoperte effettuate nel 2008 da M. Lieberman nel campo delle neuroscienze socio-cognitive, secondo le quali il cervello umano usa gli stessi circuiti neurali per processare il dolore fisico e il dolore sociale.
In tal senso, se una persona particolarmente sensibile ha vissuto con estrema intensità un trauma affettivo (per esempio, l’abbandono da parte della persona amata), è molto probabile che percepisca il dolore accumulato così minaccioso da non volere replicare l’esperienza. Di conseguenza, la paura di amare diventa l’espressione del timore che quel dolore così estremo si ripeta e della convinzione che il rischio di amare nuovamente non valga la pena di essere corso.
Entrando nello specifico, Federico Petrozzi chiarisce che come una persona esposta a un dolore fisico (per esempio, la puntura di un’ape) farà il possibile per evitare anche solo il contatto visivo con la causa del dolore (in questo caso, l’ape) e fuggirà di fronte a essa (evitamento del dolore fisico), allo stesso modo una persona ferita sul piano relazionale (e quindi sociale) dal compagno o dalla compagna farà il possibile per evitare un nuovo potenziale partner e il dolore che ha provato in precedenza.
Purtroppo, l’evitamento non solo non allontana dalla paura, ma può amplificarsi in una sorta di precognizione del rischio e di progressivo, crescente allontanamento dalla fonte della paura, generando in ultima istanza un aumento della stessa.
Ma la paura di amare e di innamorarsi non è connessa solo a un trauma. Come chiarisce Petrozzi, a volte rappresenta la paura di un’unione intesa come una perdita di autonomia e della libertà di poter fare ciò che si desidera quando lo si desidera. In tal senso, si manifesta spesso in uomini e donne molto presi dal lavoro o dalla carriera, persone per le quali il continuo agire diventa un modo per non affrontare i propri sentimenti. E poco importa se la gabbia che creano per tenere lontani gli altri poi tenga incarcerati loro stessi.
Come guarire dalla paura di amare
È possibile guarire dalla paura di amare? Federico Petrozzi tranquilizza sul fatto che il problema può essere affrontato con successo, ma afferma che è necessario rivolgersi a un medico o a uno psicoterapeuta. Questo perché la paura di amare rientra tra le fobie (che possono essere anche accompagnate da stati ansiosi) ed è un disturbo che va affrontato in maniera sistemica e professionale, per evitare che degeneri in isolamento sociale, depressione, ansia e abuso di alcool o di altre sostanze.
D’altra parte, nei casi meno critici e all’insorgere dei primi segni del problema, può essere utile iniziare a esplorare la fonte della paura e il tipo di dolore associato con alcune domande specifiche.
Federico Petrozzi suggerisce un breve elenco:
- Quando può avere avuto origine il problema?
- In quali circostanze?
- Cosa è accaduto che può aver dato il via alla paura di amare?
- Da quanto tempo provo questo disagio?
- Quante altre volte mi è successo?
- Quando sono riuscito a superarlo, come ho agito?
- Quali vantaggi ho ricavato, dopo averlo superato?
- Quanto piacere ho provato nel frequentare quella persona?
- Oggi, un simile piacere sarebbe in grado di aiutarmi a superare la paura di amare?
Come non avere paura di amare: tecniche di auto aiuto e life coaching
Federico Petrozzi, che é anche un Life Coach certificato dall’International Coach Federation (ICF Italia), spiega che, nei casi meno critici, può essere d’aiuto esplorare una serie di scenari ipotetici. Questa attività può essere effettuata con l’ausilio di una serie di domande specifiche, poste con la formula del “cosa accade se?”.
L’obiettivo è di valutare con obiettività e serenità le conseguenze di eventuali azioni, come chiariscono gli esempi proposti dal Dott. Petrozzi:
- Cosa accade se una relazione non funziona?
- Cosa può succedere di drammatico?
- Quali alternative posso percorrere?
- Cosa accade se dico ciao a un collega?
- Cosa può succedere che sfugga al mio controllo?
- Quali opzioni posso percorrere?
- Cosa accade se mi do un semplice obiettivo come invitare qualcuno per un caffè?
- Cosa può succedere al termine del caffè?
- Quali opzioni posso attuare?
Federico Petrozzi chiarisce che simili domande rappresentano una tecnica di auto-aiuto e che possono essere utilizzate nei casi in cui si inizia a percepire che ci si sta progressivamente allontanando dagli altri, ma si riesce comunque ad avere ancora relazioni sociali accettabili ed equilibrate.
Per approfondire tale tecnica, è consigliabile rivolgersi a uno specialista, per esempio un esperto di life coaching, che con le sue competenze può svolgere un ruolo di sostegno e accompagnamento utile ad affrontare l’attività con particolare efficacia.
Come liberarsi dalla paura di amare con l’attività fisica e lo yoga
Nel caso in cui all’interno della paura di amare sia possibile definire e perseguire degli obiettivi semplici, un’altra tecnica di auto aiuto molto utile consiste nell’iniziare un’attività fisica.
Federico Petrozzi spiega che l’allenamento in palestra non solo stimola la produzione di endorfine e di serotonina, ma è anche un’occasione per interagire con altri. Prenotare una serie di incontri con un personal trainer può diventare lo stimolo cognitivo ad andare in palestra, indipendentemente che se ne abbia il reale desiderio o no.
Altre attività considerate di aiuto in questo genere di problematiche sono lo yoga, la meditazione e le pratiche di rilassamento. Anche in questo caso, chiarisce Petrozzi, la ricerca di un luogo dove praticare e aspetti concreti quali pagare l’iscrizione o segnare in agenda le date delle sessioni diventano uno stimolo cognitivo a fare qualcosa di positivo per sé e per le proprie difficoltà. Inoltre, rappresentano una reale opportunità emozionale di relazionarsi con persone tra le quali ci può essere qualcuno con lo stesso problema, scoprendo così di non essere soli.
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