fbpx
Lifecoach

Cosa significa essere antifragili

Scritto da Patrizia Saolini

Nel 2012, il filosofo e matematico Nassim Nicholas Taleb ha formulato e descritto il “principio di antifragilità”. Secondo la definizione, questo concetto indica la capacità non solo di trarre beneficio dagli shock, ma di prosperare e crescere in condizioni di caos e stress.

Un concetto che è diventato molto popolare negli ultimi anni (fino a essere abusato) è quello di resilienza, ovvero la capacità di reagire alle avversità in maniera positiva e costruttiva. Questa nozione è stata approfondita e sviluppata in molti modi, ma ab origine appartiene al campo della fisica e indica la capacità di una sistema di adattarsi a un cambiamento.

Dunque, la resilienza è una risposta a un evento che modifica lo status quo e nella sua definizione primaria non implica un’evoluzione o un miglioramento. In altre parole, è una competenza che permette di “sopravvivere” all’incerto e all’imprevedibile, ma che non fornisce i mezzi per utilizzare il caso e il caos per crescere e migliorare.

Ma davvero è possibile “addomesticare” l’indefinito e il mutevole dell’esistenza e trarne vantaggio? Ebbene, sì. Questo approccio prende il nome di principio di antifragilità ed è stato formulato e descritto dal filosofo, saggista, matematico e accademico libanese naturalizzato statunitense Nassim Nicholas Taleb nel libro Antifragile. Prosperare nel disordine (2012).

Cos’è l’antifragilità

Per comprendere il principio di antifragilità, è necessario partire dalle definizioni di fragilità e robustezza. In linea generale, una cosa fragile tende a rovinarsi, a cedere, lesionarsi o rompersi con facilità. Dunque, è estremamente suscettibile a ogni variazione e deve essere protetta da pericoli e cambiamenti per essere preservata. Invece, una cosa robusta riesce a resistere alle avversità riportando danni più o meno ingenti, ma non trae vantaggio dagli urti (reali e figurati) che subisce. Dunque, anch’essa andrebbe protetta per non essere rovinata. Di conseguenza, la robustezza non è il perfetto opposto della fragilità. E allora, cos’è?

Nassim Nicholas Taleb ha definito questa proprietà per antitesi, coniando il concetto di antifragilità:

Alcune cose traggono beneficio dagli shock, prosperano e crescono quando sono esposte a mutevolezza, casualità, disordine e fattori di stress e amano l’avventura, il rischio e l’incertezza. Ciò nonostante, a dispetto dell’onnipresenza del fenomeno, non disponiamo di un termine che indichi l’esatto opposto della fragilità. Per questo parleremo di antifragilità.

Come spiega il filosofo e matematico, l’antifragilità supera il concetto di robustezza e anche quello di resilienza, perché implica un cambiamento e una evoluzione positiva:

Una cosa resiliente resiste agli shock ma rimane la stessa di prima: l’antifragile dà luogo a una cosa migliore. 

Taleb osserva che questa qualità è propria di tutto ciò che cambia nel tempo, dall’evoluzione alla cultura, dai sistemi politici all’innovazione tecnologica, “fino a includere l’esistenza stessa della specie umana su questo pianeta”:

L’antifragilità stabilisce il confine tra ciò che è vivente e organico (o complesso), come il corpo umano, e ciò che è inerte, per esempio un oggetto fisico come la spillatrice sulla vostra scrivania.

Dunque, l’antifragilità non è solo un vantaggio, una “utilità”, per affrontare il caso e il caos che sono parte integrante dell’esistenza e trarne vantaggio, ma è anche un elemento costitutivo della natura umana. E allora, in che modo è possibile (ri)trovarla dentro di sé e svilupparla?

Come essere antifragile

Nassim Nicholas Taleb descrive l’essere antifragile con un paragone tanto semplice, quanto efficace:

Il vento può spegnere la candela e ravvivare il falò. Lo stesso avviene con la casualità, l’incertezza e il caos: bisogna imparare a farne uso, anziché tenersene alla larga. Dobbiamo imparare a essere fuoco e a sperare che si alzi il vento.

In altre parole, il filosofo e matematico dice che l’essenza della condizione di antifragilità consiste nell’accettare l’ignoto e il disordine e nell’abbracciare il cambiamento. Questo significa liberarsi delle sovrastrutture, non rincorrere un impossibile ideale di controllo e perfezione e non cercare di evitare i problemi e le sfide, ma affrontarli. Perché sono proprio le difficoltà e i risultati incerti che portano a crescere e a migliorare:

Il modo migliore per verificare di essere vivi è controllare se amate i cambiamenti.

Di fatto, Taleb esorta a uscire dalla comfort zone, in modo particolare quando rappresenta un compromesso dettato da credenze negative e pensieri depotenzianti, che generano paura irrazionale del futuro e mancanza di fiducia in sé e nei propri mezzi e impediscono di vivere una vita piena e felice.

In tal senso, il filosofo e matematico invita a considerare eventuali passi falsi o sconfitte come opportunità di evoluzione e potenziamento. Ma anche a procedere in maniera graduale, partendo da prove e un carico di stress che si ha la forza di gestire e “allenandosi” per affrontare sfide sempre più grandi e complesse.

Photo cover credits: Adobe Stock

Sull'Autore

Patrizia Saolini

Executive editor e corrispondente estera di JunGlam.com. Scrive dal 2010 su riviste di moda, beauty e lifestyle. Giornalista, Chief Happiness Officer e Life Coach con un Master di primo livello in Life Coaching riconosciuto dal Miur. É autrice di quattro libri sul retail coaching e l'ideatrice del marchio Retail Coach®. Per Junglam segue le maggiori fashion week internazionali e gli eventi lifestyle in Italia e all'estero, oltre che dedicarsi alla rubrica di Life Coach.