Il lavoro è qualcosa di profondamente insito nell’esistenza umana. Significa avere un ruolo definito nella società, fare il proprio dovere (come tutti) e poter contare su una tranquillità economica che consente di condurre una vita serena. Ma il lavoro non è scontato. Soprattutto al giorno d’oggi.
La crisi ha svuotato di significato la parola “stabilità” e sono sempre di più le persone costrette a vivere in una condizione di precarietà o che di punto in bianco si ritrovano senza un impiego.
L’esperienza del licenziamento è diventata una vera e propria emergenza sociale. La perdita del lavoro ha un impatto emotivo devastante su chi la subisce ed è uno dei cambiamenti più traumatici che si possano affrontare durante la propria esistenza. Tuttavia, rappresenta anche una opportunità di crescita e di progresso.
Per capire in che modo affrontare un simile evento e voltare pagina, noi di Junglam abbiamo chiesto aiuto a un’esperta. Marina Osnaghi, Business Coach e prima Master Coach italiana, ci ha dato alcuni consigli utili su come superare un licenziamento, dall’elaborazione del dolore alla messa in atto di pratiche e strategie per ritrovare la fiducia in se stessi e guardare con fiducia al futuro.
Licenziati dal lavoro: le conseguenze sull’autostima e la salute
Marina Osnaghi ha accompagnato molte persone nel percorso di coaching per superare il trauma di un licenziamento e ci ha spiegato che la perdita del lavoro ha forti ripercussioni emotive e incide in modo diverso sull’autostima e sulla salute delle persone, in base al momento della carriera in cui si verifica e al modo in cui accade:
L’esperienza del licenziamento ha un pesante impatto emotivo sull’autostima e la gravità delle conseguenze varia a seconda delle condizioni in cui avviene.
La Corporate ed Executive Coach individua due situazioni tipiche.
La prima riguarda la mancata conferma al termine di uno stage o del periodo di prova e/o la mancata trasformazione in un contratto a tempo indeterminato. In tale circostanza, spiega Marina Osnaghi, il licenziamento viene vissuto come la fine di una speranza (di trovare il proprio posto nella società, di condurre un’esistenza stabile e serena, di fare progetti per il futuro…) e un fallimento lavorativo. Quest’ultimo sentimento ha un’ulteriore ripercussione negativa, perché genera il pensiero di non essere abbastanza bravi e capaci da meritarsi di continuare a svolgere il ruolo ricoperto fino a quel momento.
La seconda situazione identificata dalla prima Master Coach italiana è quella del licenziamento in tronco. Di solito, tale eventualità riguarda una persona con un ruolo dirigenziale, che viene lasciata a casa all’improvviso, con la richiesta di riconsegnare computer portatile e cellulare. Come osserva Marina Osnaghi, il licenziamento senza preavviso ha ripercussioni molto pesanti sul professionista. Il fatto che avvenga in maniera del tutto inaspettata, per una volontà esterna che sfugge al proprio controllo, con una modalità che non concede diritto di replica e spesso non offre neppure una motivazione chiara, genera un vero e proprio shock in chi lo subisce.
Su questi due scenari si innesta un sentimento di paura per la sopravvivenza, che porta a vivere il futuro come un’incognita piena di insidie e genera una sensazione di inutilitá e persino malessere che puó avere conseguenze negative sulla persona.
Strategie per superare il trauma di un licenziamento
Superare il trauma di un licenziamento significa chiudere con il passato e voltare pagina. Per riuscirci, Marina Osnaghi suggerisce di procedere per piccoli passi, invita infatti a concedersi di vivere il dolore e di non soffocarlo con la rabbia:
Dentro di voi, il dispiacere è forte e ha bisogno di essere riconosciuto e accolto. Ammettete di soffrire per il licenziamento e ditelo a voce alta. E se scappano le lacrime, lasciatele uscire.
La prima Master Coach italiana spiega anche che vivere le emozioni allenta la tensione e aiuta a ritornare ad agire. Invece, pensare troppo e continuare a rimuginare sull’accaduto ha un effetto controproducente e rischia di bloccare all’interno delle proprie paure.
Marina Osnaghi suggerisce dunque di cercare qualcuno nella cerchia delle amicizie o in famiglia con cui si abbia un forte legame di affetto e che sa stare in silenzio e di condividere la notizia con lui o lei, magari facendosi abbracciare, come gesto di accettazione per ciò che è accaduto. Vi sembrerà un’azione superflua, invece dietro a un abbraccio ci sono emozioni e messaggi sociali che stimolano il rilascio di grandi quantità di ossitocina, ovvero l'”ormone dell’amore”, con ripercussioni salutari su tutte le dimensioni importanti del nostro benessere.
A questo proposito, vi consigliamo un ottimo libro sull’argomento, da leggere tutto d’un fiato: La scienza degli abbracci. Alla scoperta del nostro cervello socio-emotivo di Francesco Bruno, dottore di Ricerca in Neuroscienze del Comportamento, e Sonia Canterini, ricercatrice di Biologia Applicata, edito da Franco Angeli.
Analizzando i più recenti studi scientifici internazionali, gli autori dimostrano come il modo in cui viene fisicamente realizzato un abbraccio può aiutare a decifrare il tipo di emozione che la persona vuole trasmettere e, nel caso di un licenziamento, aiuta a pensare a come voler diventare più sicuri di sé.
Cosa fare dopo un licenziamento per riconquistare il futuro
Una volta messi in pratica questi piccoli ma potenti accorgimenti per superare lo shock del licenziamento, è il momento di aprirsi al futuro e ricominciare.
Come prima cosa, Marina Osnaghi suggerisce di utilizzare una pratica di life coaching che consiste nel chiedersi come fare fruttare l’esperienza che si sta vivendo. Le domande chiave suggerite dalla Master ed Executive Coach sono due, da farsi più e più volte, scrivendo le risposte su un foglio:
- Cosa sto imparando da questa esperienza?
- Come posso utilizzare bene quello che sto imparando?
Successivamente, invita a fare un bilancio delle proprie competenze. Anche in questo caso, chiedendoselo in modo esplicito:
- Cosa ho migliorato?
- Cosa ho consolidato?
- Cosa ho appreso di nuovo?
Tali domande non solo sono propedeutiche all’aggiornamento del CV, ma sono anche utili per iniziare a pensare al proprio progetto personale, focalizzandosi sull’obiettivo che si desidera raggiungere.
Altre domande potenti possono essere:
- Mi vedo ancora in azienda?
- Sono pronta per qualcos’altro?
Per concludere, Marina Osnaghi suggerisce di “coltivare la pazienza”, ricordando che non sempre l’occasione giusta arriva subito. Spesso, infatti, il tempo necessario a riconsiderare la propria identità lavorativa è più lungo di quello pianificato.
Photo cover e text credits: Adobe Stock